Forse che sì forse che no

Forse che sì forse che no

Labirinto musicale per organo

(Disponibile in Podcast qui)
A Mantova, all’interno dell’appartamento ducale situato in un’ala della Domus Nova, si può ammirare un originalissimo soffitto a cassettoni lignei che riproduce un labirinto dorato su fondo azzurro: proviene, con altre decorazioni, dal Palazzo di San Sebastiano, edificato per il volere di Francesco II Gonzaga al principio del XVI secolo. Nei corridoi del labirinto, spicca la famosa scritta Forse che sì forse che no, motto estrapolato dal testo di una frottola amorosa di Marchetto Cara (1504) e divenuto ancor più celebre grazie all’omonimo romanzo dannunziano.
Un labirinto racchiude in sé sia l’idea della protezione di ciò che deve rimanere occulto, sia quella della ricerca, concezione cara all’ermetismo rinascimentale; il ricercare a sua volta conduce in modo quasi scontato al carattere musicale tipico dell’omonima forma. È da questo principio che sono partito per tentare la trasformazione di questo specifico percorso in un gioco, un ludus enigmatico che strizzi l’occhio all’Atalanta fugiens (1618) di Michael Maier e al Mercury: or the secret and swift messanger (1641) di John Wilkins, in cui l’autore delineò diversi metodi di comunicazione basati su linguaggi cifrati o su sistemi combinatori tra cui un alfabeto musicale.
E proprio sfruttando l’idea di Wilkins, il procedimento di composizione melodica è stato di tipo associativo: ho fatto corrispondere, proseguendo del resto una tradizione ben consolidata in ambito organistico, a ogni lettera una nota secondo lo schema A=do, B=do#, C=re, etc., ricavandone così la voce superiore che contraddistingue tutto il corale e quella di pedale della passacaglia.


Qui la versione presente in Math Music: Forse che sì forse che no (Fast)
Qui la seconda versione: Forse che sì forse che no (Slow)

Entrambi i brani sono stati armonizzati aggiungendo voci, e dunque complessità armonica e difficoltà d’ascolto, durante il percorso e ciò deve essere messo in luce durante l’esecuzione con un rallentamento graduale del tempo e ampi respiri nei cambi armonici finali.
Per trasformare in concreto lo spartito in labirinto ho ipotizzato di far coincidere con ogni svolta ad angolo retto del percorso un cambiamento di lettera del motto (e dunque di nota), così da creare un lungo serpente melodico che dall’ingresso giunge fino alla stanza centrale, lasciando sospesa la frase sulla nota sol (H).


A questo punto l’ultima parte del gioco è consistita nel tentativo di ricreare la struttura labirintica originale sul pentagramma: osservando l’immagine del soffitto riprodotto su un piano orizzontale si potrà notare come dall’alto verso il basso si vengano a formare 12 linee di camminamento più la camera di arrivo centrale (che ho convertito nei 13 pentagrammi) e 13 linee di camminamento verticali da sinistra verso destra (trasformati in battute da 13 quarti in corrispondenza dei 13 spazi).
Leggendo questo spartito si otterrà come risultato ovvio una frammentazione casuale del motto ma altresì un effetto di grande simmetria ritmica.




Qui la passacaglia:


Qui il corale:




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