Nō?

 


Avevano vent'anni

Parole e musica di Daniele Trucco

Avevano vent’anni al loro primo sguardo
seduti sui gradini di un parco di Savona;
si erano già visti, cose di sfuggita,
ma quello fu il momento, quello giusto per l’occhiata.
Ne avevano vent’otto al loro primo figlio;
la casa era in affitto ma tutto andava bene.
La vita andava avanti senza punizioni,
senza patimenti, né grandi ambizioni.

La culla dondolava lenta nella stanza
e lei che la fissava lallando cantilene.
La polvere filtrava tra i raggi di novembre
e i like su quella foto la facevan stare bene.

Il tempo camminava di fianco al suo lavoro,
il lavoro lo portava lontano con lo sguardo
da lei che lo aspettava da sola tra i pupazzi,
da sola in quella stanza di nuovo tinteggiata
per un secondo arrivo a lui inaspettato
che trascinò con sè problemi da accertare.
Sintomi precisi solo dopo mesi 
ma lei ci vide chiaro dentro alla sua occhiata. Scura.

La goccia che cadeva lenta e intermittente
il male giù nel ventre che forse è già alla fine;
gli occhi di suo figlio in piedi nella stanza
che guardano la polvere fra i raggi di settembre.

Capì che era finita, finita per davvero
ma in fondo andava bene, bene anche così.
Lei li aveva amati, di questo era sicura;
l’affitto era pagato, il resto si vedrà.

Cane Ettore

Parole e musica di Daniele Trucco

Nacque di luglio nei pressi di Roma
terzo di cinque guaiti leggeri;
stava in un palmo con gli occhi ancor chiusi:
“Fallo sparire un po’ in fretta di qua”.
Trovò famiglia in una famiglia:
“Pensiamo un po’ a come lo chiameremo”.
Il nome gli venne in un battibaleno:
“Ettore sia, ci piace così!”.

Coi bimbi giocava, ai grandi ubbidiva
ma per dispetto rubava i calzini;
che corse in giardino sull’erba bagnata:
“Prendilo e asciugalo o si ammalerà”.
“Ettore chiama, fallo andar fuori!
Svelti coi compiti e attenti agli errori”
Che belle le mille giornate in cucina:
“Dagli un po’ d’acqua e accarezzalo un po’”

Il cane cresceva, il tempo mordeva,
i bimbi da un po’ non eran bambini.
“Mi mancano tanto e li vedo andar via”
La lingua sul vetro, una mosca più in là.

Quando i gradini sembraron più alti
si avvicinò con cautela alla stufa:
gli anni più belli da un po’ eran finiti.
“Mamma io vado: saluta papà”
Poi una sera con gli occhi socchiusi
si ricordò quei guaiti leggeri:
“Presto corriamo giù in fretta in cucina”
“Ettore muore; facciamo il caffè”.

Frabosa Soprana

Parole e musica di Daniele Trucco

Quell'estate c'eravamo tutti
adulti e bimbi più o meno una ventina;
le donne in cucina c'è il pranzo da fare.
“Corrado vuoi birra?” “No, acqua va bene”
Papà fa le foto, che bella la reflex e le lenti
pulite con tanti obbiettivi e obiettivi.

Io e i cugini tra i sei e gli undici anni
e una fame grande come l’entusiasmo
di andare giù al fiume; la torta di mele,
il caffè un po' per tutti, per Elsa un cordiale.
Fumare pareva non fare del male a nessuno:
allora eravamo mortali immortali.

Poi la sera col golf sulle spalle e la tisana
e noi lì con i nonni tutta la settimana;
la tele coi baffi non prende bene il film
i denti lavati, gli spruzzi e gli schiaffi.
“Silenzio dormire e via i musi lunghi domani,
se è bello domani (se è bello domani) andiamo per funghi”.

Le merende a pane e zucchero bagnato
e la tenda improvvisata in mezzo al campo.
“Ragazzi veloci correte da Enrico
a prendere il latte l'ha munto da poco”;
ma a me non andava mai giù quella pelle sottile
che affiora col caldo bollendo e sbollendo.

In un niente si esauriva la vacanza,
poi la scuola, altre estati e poi la scuola.
Anni distanti ma senza problemi,
i nonni in montagna, è normale, da soli.
Sempre più raro anche solo vedersi alle feste;
c’è chi sopravvive e chi vive lontano.

Però oggi è diverso l’evento è assai speciale
e sfogliando quest'album di foto vecchie insieme
troviamo quel giorno in cui c'eravamo tutti:
“Che buffo Luciano coi jeans e con i baffi”
“In questa c’è nonna che ride da sola! È perfetta…”
Mandiamola in stampa e torniamo di là.
La ricorderemo così.

Io non ho nulla da dire

Poesia di Marino Moretti
Musica di Daniele Trucco

La storia non mi va

Parole e musica di Daniele Trucco

Oggi il professore ci ha parlato dei romani:
amavano i leoni e conversavano in latino;
le loro battaglie ce le spiegherà domani.
Sono preoccupato perché non le saprò mai!

I babilonesi hanno fatto grandi cose.
I cartaginesi hanno dominato i mari.
I persiani coltivavano susini, peschi e rose
ma le date e i luoghi non mi son per niente chiari!

La storia non mi va, proprio non la capisco:
è troppo complicata per uno come me!
La storia non la so, quasi quasi preferisco
studiare matematica con tutti i suoi perché.

Il bambino etrusco era molto fortunato
a vivere in Toscana proprio lì di fronte al mare;
certo si tuffava e di sicuro era abbronzato
ma le sue necropoli non riesco a tollerare!

Il triumvirato non ha proprio funzionato,
le invasioni barbare mi hanno devastato;
Alessandro Magno ha vinto i greci e anche gli indiani
ma non ricordo quando: sono fatti troppo strani.

La storia non mi va, proprio non la capisco:
è troppo complicata per uno come me!
La storia non la so, quasi quasi preferisco
studiare matematica con tutti i suoi perché.

Con tutti questi popoli non ci capisco niente:
hanno fatto strade, case e viaggi in mezzo mondo,
sono tutti uguali e mi confondono la mente.
Non ne posso più: “Sto lentamente andando a fondo!”

La storia non mi va, proprio non la capisco:
è troppo complicata per uno come me!
Ma un giorno la saprò perchè non mi sembra giusto
non capire il mondo e tutti quanti i suoi perché.

La vasca

Parole e musica di Daniele Trucco

Il palazzo giallo e grigio, scritta nera sul cemento;
poche auto parcheggiate, ci son due che vanno via.
Erba alta nell’aiuola, la veranda a lato è chiusa
sul balcone roba stesa, delle scarpe alla rinfusa;
dietro ai vetri s’intravede una tendina gialla e nera
luce accesa nella cappa sopra il gas della cucina.
Sopra il gas una padella sporca d’olio di frittura.
Pane e vino ancora lì e una banana scura.
Una croce di metallo è appiccicata sopra il frigo;
sul divano una coperta, sigarette nella fessura.

Sulla destra una stanza, letto sfatto nella penombra;
pantaloni su una sedia poche cose sul comò.
Una foto con tre visi e tre sorrisi in campo blu
quello a destra ha una croce di metallo appesa al collo.
C’è un odore che non sai, che non vedi nella stanza:
forse fuori, da più in là, dalla porta un po’ socchiusa…
L’aria è calda nessun suono, solo un clacson per la strada
ma un vapore sale opaco sullo specchio che non vede:
non si vede che qualcosa sta accadendo chiaramente:
una vasca piena d’acqua che si tinge lentamente…

No?

Parole e musica di Daniele Trucco
A Izet Sarajlić

Sarebbe bello sapere adesso quel che fra poco capiterà?
Sarebbe bello gettare l’amo sapendo che il pesce abboccherà?
Sarebbe bello vedere il mondo con le frequenze di una realtà,
realtà reale ben differente da un ologramma che svanirà?
Sarebbe bello capir parole come epicedio, sorite e Nō?
Sarebbe bello avere il meglio di tutto quel che pensar si può?
Sarebbe bello trovare il nesso tra tutto quanto per dimostrar
che tutto quanto è senza un nesso ma dominato dal grande caos?

Sarebbe bello amare l’altro come se stessi per realizzar
che molto meglio sarebbe stato parlare al cactus del davanzal?
Sarebbe bello cantare in coro un tono sopra con nonchalance?
Saresti quello che parla in greco antico ma non ha letto Pound?
Sarebbe bello sognar la vita anche senza leggere Calderon?
Sarebbe bello come in passato asciugarsi al sole e non col fon?

Sarebbe bello morire presto per poi risorger dopo due dì?
Sarebbe bello avere un cane da non uscire per la pipì?
Sarebbe bello veder le stelle con l’Alighieri(o) il fiorentin
(sarebbe quello che ha scritto “Tu dei saper ch’i’ fui conte Ugolin”)

No?

Portami

Parole di Piercarlo Brignone e Daniele Trucco
Musica di Daniele Trucco

Portami qualcosa qualcosa d’importante
che mi lasci un segno senza essere distante;
un oggetto sacro ma nulla d’invadente,
da non dimenticare distrattamente.
Porta mille cose, anche senza senso
ma tutte con un’anima che siano il mio compenso
per la devozione che da sempre ti dimostro
standoti a contatto così ostinatamente.

E spero che per te sarò divertente,
un pagliaccio senza naso a volte sorprendente,
capace di guardarti con occhi di amante
e non un uomo stanco indifferente.

Quando l’avrai fatto non dimenticare
di portarmi anche in dono il dono d’arrivare
a capire il tuo cervello, bello per il fatto
di non farsi interpretare univocamente.
E allora ti porterò qualcosa d’importante,
tutto il sentimento che ho raccolto in questi anni;
te lo servirò sopra un piatto di passione
che tu addenterai celando l’emozione
del tuo amore vero infine maturato
per me che grazie al cielo ti avrò dimenticato.

E spero che per te sarò divertente,
un pagliaccio senza naso a volte sorprendente,
capace di guardarti come un passante
e non un uomo stupido sofferente.

Principio e fine

Parole e musica di Lorenzo Veglia


Sai che bevo sai che fumo

Musica di Jimmy Fontana
Parole di Franco Migliacci



Valzerino del fantolino altruista (prima parte)

Parole e musica di Daniele Trucco

Gigi, abbreviazione
di un bel nome preso dal nonno, bisnonno, tris…
Lino, nome minuto
per un panciuto bimbo sbruffone.
Ciccio, ma che bel nome
per un gattone col pelo arruffone;

Ciccio appartiene a Gigi
da quando Remigio glielo ha donato;
ma Lino in quel dato giorno
voleva il felino per cuocerlo in forno.

Ma Gigi non ci sta:
“Tu gatto vieni qua
in braccio al tuo papà”.
Ma Lino non ci sta:
“E allora che si fa?
Facciamolo a metà!”
“Ok” – “Ok”.


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