ALEA E KAIRÓS


LA GENERAZIONE DI UN SOGGETTO CASUALE PER UNA FUGA A 4 VOCI

Kairós è ascoltabile qui:
https://open.spotify.com/track/2mAt4SodmjGVaF76HjDuFM?si=17bf9cdda2d64fbb

Anni fa mi capitò di partecipare a un concorso il cui tema, da svilupparsi con una forma d’arte a discrezione, era riassunto dalla parola kairós.
Kairós è un termine greco che designa il tempo nella sua puntualità, la giusta misura, il momento opportunamente adatto al singolo per realizzare un progetto o un evento (equivalente a ora) [Frank Kermode distingue con acume la sfumatura tra chronos e kairós: “Chronos è ‘tempo che passa’ o ‘tempo d’attesa’, quel tempo che, secondo il libro dell’Apocalisse, ‘non tornerà mai più’ – mentre kairós è la ‘stagione’, uno spazio di tempo ricolmo di significati, che ha un significato proprio perché questo signi-ficato deriva dall’idea della fine”, in KERMODE, Il senso della fine, Sansoni, Milano 2004, p. 43]. In un certo senso il risultato stesso di quell’operazione artistica nata da una sfaccettatura casuale ma immersa nel tempo sarebbe stata kairós.
Oltretutto mi ha sempre affascinato la valenza che il termine ha assunto nella letteratura cristiana delle origini nell’uso che ne fecero i suoi autori. Tutto il messaggio del Dio vetero testamentario deve trovare compimento in un futuro prossimo. Scrivendo ai Galati, ad esempio, Paolo esprime bene l’idea del compimento del tempo (già presente in Marco I,15 e in Matteo XVI, 2-3) associandolo alla venuta del Cristo: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4-5). È dunque essenziale comprendere come l’intera storia delle azioni di Dio converga verso un suo centro coincidente con la venuta del Messia (che coincide a sua volta con il kairós).
Date queste premesse decisi di dar corpo al progetto portando avanti un gioco iniziato da me tempo addietro relativo alle innumerevoli possibilità che la musica offre agli amanti della composizione di costruire melodie sulla base di calcoli matematici o di esperimenti grafici [a tal proposito si vedano le mie composizioni OnoraronO (Edizioni Armelin Musica, PDM 358 – 2016) e Sator (Edizioni Armelin Musica, PDM 377 – 2016). Per le questioni teoriche si vedano le note di copertina ai brani citati e l’articolo Il curioso caso della melodia ruotata (in «Focus», n. 270, aprile 2015, p. 159)]. In particolare mi sono deciso ad applicare l’aleatorietà a una forma musicale rigidamente codificata come la fuga, facendo in modo che il caso venisse forzato tanto da essere imbrigliato in un meccanismo logico.
L’idea da cui sono partito non è, in nuce, assolutamente originale [nel 1641 venne pubblicato a Londra il testo di John Wilkins (1614-1672) Mercury: or the secret and swift messanger, in cui l’autore delineò diversi metodi di comunicazione basati su linguaggi cifrati o su sistemi combinatori. Uno di questi sistemi consiste nell’utilizzare un ‘alfabeto musicale’, in altre parole nell’assegnare a ogni lettera (vocale o consonante) una nota di valore o intonazione differente.
Altro meccanismo analogo, tanto famoso da divenire quasi un evergreen della musica colta, è stato il tema sul nome ‘Bach’ che sfrutta il rapporto note-alfabeto in uso nella musica tedesca] ho assegnato a ciascuna delle 12 note della scala cromatica una corrispondente lettera dell’alfabeto greco (alfa=do; beta=do#; gamma=re; etc.) in modo da riuscire a formare una sequenza melodica con le lettere della parola kairós (K= la; A = do; I = sol#; R = mi; O = re; S = fa). Il caso ha voluto che si generasse con queste lettere un soggetto nella tonalità di la minore con il quale ho potuto costruire la fuga a 4 voci.
C’è da interrogarsi, come sempre, sul ruolo che le regole dell’armonia ricoprono nel campo della composizione: sfruttandole nel modo a ciascuno più congeniale, qualunque movimento di parte, concatenazione accordale o sequenza di suoni può avere una sua giustificazione teorica. Questo significa che, paradossalmente, anche coloro che nulla sappiano di teoria musicale e che si improvvisino compositori, siano comunque imbrigliati da strutture teorico-musicali già codificate o facilmente rintracciabili in qualche manuale.
Dal caso si sviluppa il rigore matematico: che cosa sia e da dove nasca l’arte non rientra ora in questo ragionamento.
Ho cercato (nei limiti del possibile dovuti al vincolo del soggetto) di comporre il brano seguendo le più strette regole del contrappunto classico.
È un’opera quasi del tutto speculativa e rigorosamente matematica e come tale la si deve considerare.
Il concorso non ebbe né vincitori né vinti.


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