Di tanto


Dal comunicato stampa

Il 2 febbraio 2024 è uscito sui principali stores digitali Di tanto, Ep contenente tre brani originali scritti e arrangiati da Daniele Trucco, saggista e compositore piemontese. 
Dopo la parentesi orchestrale dedicata alla colonna sonora del docufilm L’uomo dei vitigni: sguardi su Giuseppe di Rovasenda Trucco si confronta di nuovo con la canzone “d’autore” dopo gli album vILLA tEMI e Nō? abbandonando per un momento la musica sperimentale ed elettronica che ha dato vita ad album come Approdi / Landings, lavoro multimediale nato sulle parole del poeta Sergio Gallo, Math Music, inserito nel sito dell’AMS (American Mathematical Society) nella sezione relativa alle relazioni tra la musica e la matematica e Pr1me Numbers, trasposizione musicale della sequenza dei numeri primi da 2 a 997.
Le tre tracce presenti in Di tanto dipingono un piccolo quadro famigliare che abbraccia tre generazioni: un nonno combattente della seconda guerra mondiale, una madre anziana che naufraga nei suoi ricordi e un figlio a passeggio in un parco. Oltre a questo legame narrativo tra le storie ce n’è uno più intenso: i testi nascono tutti da suggestioni poetiche assai differenziate ma indispensabili per comprenderne il senso. Il primo brano, Allora, deve il titolo alla omologa poesia malinconica e sognante di Giovanni Pascoli contenuta in Myricae e racconta in pochi versi la vita intera di una donna che ricorda molto la Annina Picchi – mamma di Giorgio Caproni – immortalata dal poeta nei suoi Versi livornesi (1950-58). Parafrasando inoltre un’immagine tratta da For sale (1959) dell’americano Robert Lowell, il musicista ricrea l’attesa della donna prima di essere portata in un ospizio per vecchi mentre “fissa la finestra, come se fosse rimasta sul treno una fermata oltre la sua”. Sempre a Caproni va il merito di aver ispirato Di tanto, il brano che dà il titolo all’Ep, con la sua lirica Incontro: è la fotografia di un attimo, vissuto da un uomo intento a discorrere del più e del meno con la sua amata, nel momento stesso in cui i suoi occhi incrociano quelli di una donna che gli sorride durante una passeggiata in un parco. È un gioco di sguardi che prelude a un’avventura e che troverà risoluzione solo nella frase finale.
Anche Mario nel cortile nasce da una suggestione, forse meno poetica ma indubbiamente coniata da un grande poeta: agli sgoccioli della prima guerra mondiale Gabriele D’Annunzio ebbe a dire “sento fetor di pace”. Questo motto è divenuto l’input per raccontare una storia di famiglia vera ma allo stesso tempo incredibile: viene rievocata infatti la gioventù di Mario Trucco, nonno dell’autore, che scelse nel 1938 la carriera militare in marina non essendo soddisfatto della sua vita di agricoltore. Partì per Pola, nell’allora Istria italiana, per frequentare i Corpi Reali Equipaggi Marittimi (CREM), scuola in cui si sviluppavano la preparazione tecnica e professionale delle varie categorie di specialisti quali motoristi, radiotelegrafisti, meccanici e cannonieri. E proprio cannoniere diventò Mario, non prevedendo però lo scoppio della seconda guerra mondiale che trascinò lui e i suoi commilitoni a Massaua per presidiare il Mar Rosso a bordo del cacciatorpediniere Pantera. Quando divenne evidente che l’Africa Orientale Italiana doveva essere abbandonata al nemico, si decise di distruggere le navi non in grado di raggiungere un porto amico facendo compiere loro una missione suicida: la squadriglia V, formata dai cacciatorpedinieri Tigre, Leone e Pantera avrebbe dovuto attaccare Suez. La Leone si incagliò presto su una scogliera sommersa e, dopo aver caricato i suoi uomini sul Pantera, venne affondata dai cannoni della stessa Pantera. All’alba del 3 aprile 1941, a poche miglia da Porto Said, il Pantera e altre navi furono attaccate da bombardieri e aerosiluranti inglesi: la battaglia fu serrata grazie al fuoco delle armi contraeree ma le navi furono seriamente danneggiate. Tigre e Pantera riuscirono però a sfuggire ma vennero inseguite da caccatorpedinieri inglesi e puntarono così sulle coste arabe; nella notte tra il 3 e il 4 aprile arrivarono al largo di Someina a sud di Gedda e gli equipaggi raggiunsero il litorale a nuoto mentre imperversano sulle loro teste gli attacchi aerei e il cacciatorpediniere Kingston cannoneggia definitivamente ciò che resta delle navi. Giunti sulla costa fu necessaria ancora mezza giornata di marcia nel deserto per raggiungere Gedda per scoprire però che sarebbero stati internati sull’isolotto desertico di Jazirat Abu Sa’d. In realtà non erano prigionieri di guerra della neutrale Arabia ma erano entrati in un meccanismo diplomatico che non prevedeva il loro rimpatrio, e si trattava di più di 700 persone. Fu a quel punto che nel giugno del 1942 il governo turco suggerì che gli internati italiani fossero scambiati con un pari numero di marinai britannici detenuti in Italia: il 20 marzo 1943 ebbe luogo nel porto turco di Mersin lo scambio dei prigionieri e il rimpatrio con la nave ospedale Gradisca il 27 marzo a Bari.
Tutta questa vicenda, che tra l’altro non finirà lì perché poco più di un anno dopo Mario Trucco entrerà a far parte della Brigata “E. Carando” (XI divisione Garibaldi di Cuneo) fino al 5 maggio 1945, giorno della smobilitazione, diventa nel testo del nipote musicista una cavalcata epica che strizza inevitabilmente l’occhio al celeberrimo naufragio dantesco del povero Ulisse e all'albatro di Coleridge.
L’album è stato registrato e missato tra il 2024 e il 2025 a Villa Temi, la casa del musicista, utilizzando come sempre una strumentazione assai varia: a parte l’immancabile componente elettronica, compare in due tracce la chitarra di Luca Allievi, rinomato virtuoso cuneese.


Di tanto

L’aria era fresca la mattina
di prati tagliati da poco
che dura un momento
le madri felici di bimbi
e fu un attimo
Si parlava di un’uscita al mare;
io e te senza niente da fare
fra tutto quel verde
monotono azzurro del cielo
e fu un attimo

In me non rimane
Di tanto che il lento
Passaggio del bianco del lino
Profumo e poi il viso
Ruotò poco a poco
Il suo sguardo deciso
sul mio spalancato stupito che…

Le labbra si sciolsero in sorriso:
quel giorno un ricordo lontano
ora noi nella piazza per mano
una brezza asciugava
il sudore cresceva
la smania di andarmene
Però non mi voltai.
Ma io non mi voltai.
No io non mi voltai.

Allora

Mamma sognava alla finestra
come se fosse rimasta
sul treno una fermata oltre la sua.
L'ora eran le sette di mattina
e Savona si svegliava;
focaccia e caffelatte dentro ai bar.

Svelta che questa sera si va al mare
dagli scogli a chiacchierare:
c’è Giovanni che mi aspetta già da un po’.
L’una, quanto è tardi per tornare!
Luna aiutami a trovare
la spilla della nonna o sono guai.

Rosso il colore del vestito,
tuo padre l’ha comprato:
che sogno i tulipani in quel bouquet!
Nina, c’era lei e c’era zia,
mi fa un po’ di nostalgia
per la festa che poi tutti hanno ballato.

Oggi non rimane più nessuno
di quel tempo ormai lontano
che felice fosti molto là in città;
gli anni son fuggiti tutti uguali.
“Vengo a prenderti domani:
vestiti e biancheria son già là”.

Mamma sognavi alla finestra
come se fossi rimasta
sopra il treno una fermata oltre la tua.
Ecco: la mia voce di bambino,
poi la tua sempre più piano,
poi la mia sempre più piano
poi la tua…
mano.

Mario nel cortile

Il fienile che si apriva sull’immensa campagna;
la polvere dell’aia che saliva fin lassù
col vento dalle arcate che gira in controluce
e Antonio là nell’angolo che sposta due mattoni
perché dietro ci son soldi arrotolati e munizioni
per la M34 giù di sotto, che se arrivano chissà.

Mario nel cortile canta forte e controlla
la cinghia e il suo girare: lui l’unico a capire
come fare che ha studiato le pulegge e sa la forza
del manometro e i cavalli del vapore lui li conta ad uno
ad uno su quei punti di giunzione ma cos’è un nastro di
Möbius che si avvolge su quei coni lui però non seppe mai.

Il fumo del motore che batteva come un matto 
con violenza come i pugni delle squadre del ’38;
Mario che partiva e sopra il treno verso Pola
ripensava a Caterina ma sentiva
che non l’avrebbe vista più.

Al corso cannonieri fame e guerra nell’aria:
morto insieme al Vate il suo “sentir fetor di pace”,
si armarono le navi che partirono per mete ancora ignote,
verso terre di conquista di cui mai sentì parlare.
Obiettivo militare nel Mar Rosso l’aviazione
maledetta sia la RAF, che se arrivano chissà.

L’albatro comparve una mattina all’orizzonte
e li seguiva a meridione col suo volo esasperante;
il fuoco che pioveva sulla nave che affondava
e la sua prora andava giù e il mar si chiuse per non restituirli più.

Mario nel cortile ha un fazzoletto rosso al collo.

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